SYMBOLS Stories of cultural life.

Cappella Gregorini Bingham, 1875

Al centro dell'elegante cella, su di un alto cippo, è collocata un marmo raffigurante una giovane donna seduta, con lo sguardo assorto, il volto stretto tra le mani, i lunghi capelli che le incorniciano il volto. Lontana dai fasti encomiastici del ritratto di Gioacchino Murat, realizzato dal medesimo artista - Vincenzo Vela (1820- 1891) - pochi anni prima sulla tomba di Letizia Murat Pepoli, la donna è qui raffigurata in modo essenziale, disadorno, facendone un'immagine eterna che simboleggia al tempo stesso la disillusione politica dell'autore - che partecipò alle Cinque Giornate di Milano e rifiutò la cattedra all'Accademia di Brera offertagli dal governo austriaco - ma anche ogni forma di struggimento interiore, di attesa.

Non a caso la prima versione della Desolazione, oggi nel parco di Villa Ciani a Lugano, fu realizzata come monumento funerario per i genitori di Filippo e Giacomo Ciani, compagni di lotta dello scultore. Esposta a Brera nel 1851, la scultura fu subito interpretata come simbolo di un'Italia colpita e ferita dopo i primi moti risorgimentali, e nel contempo come un invito alla lotta patriottica contro il governo austriaco.

La scultura è uno dei capolavori della Certosa, cui Antonio Fogazzaro, autore di Piccolo Mondo Antico, ha dedicato alcune pagine memorabili.