Il monumento dedicato a Tarsizio Rivieri Folesani (1759-1801), docente di Anatomia e Ostretricia presso l’Università di Bologna, rappresenta il primo monumento funebre realizzato nel cimitero. Egli, grazie alla stima derivata dalla sua attività, fece parte della Commissione di sanità, chiamata a scegliere la sede del nuovo cimitero, che cadde proprio sull’ex monastero della Certosa.
L’opera di Flaminio Minozzi (1735-1817) si compone di una tomba in pittura recante l’immagine di una piramide il cui accesso è serrato dalla lapide, chiaro richiamo alla Piramide Cestia di Roma e uno dei tanti simboli massonici in uso all’epoca.
La figura femminile seduta sulla sommità della porta è l’allegoria della medicina, come ci ricorda il caduceo che tiene tra le mani. Il testo in latino venne dettato dal canonico Filippo Schiassi. A simboli prettamente cristiani quali il crisma o l’alfa e l’omega, si accompagnano simboli di derivazione classica quali il cipresso, pianta sempreverde di eccezionale longevità, fin dall’antichità albero funebre per eccellenza. La clessidra alata, decorata da due fiaccole rovesciate, richiama l’inesorabile avanzamento della vita e il suo concludersi nella morte, visto come un passaggio tra una esistenza e l’altra.
Il movimento della sabbia contenuto nella clessidra può simboleggiare il ritorno dell’uomo alla terra, alla polvere.
Le ali che accompagnano la clessidra sono il simbolo del movimento e del cambiamento di stato: alati sono i piedi di Mercurio, accompagnatore delle anime dei morti; inoltre hanno le ali i demoni e gli angeli, così come i gemelli Hypnos (il sonno) e Thanathos (la morte).